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Le conseguenze della lesione del “diritto di autodeterminazione nella scelta procreativa”

Le conseguenze della lesione del “diritto di autodeterminazione nella scelta procreativa”

Cassazione Civ. Sezione III, 4 gennaio 2010 n. 13: “la nascita indesiderata impone una radicale trasformazione delle prospettive di vita dei genitori, i quali si trovano esposti a dover misurare la propria vita quotidiana, con le prevalenti esigenze del figlio, con tutti gli ovvi sacrifici che ne conseguono”.

CHE COSA È SUCCESSO – La questione sottoposta al vaglio della Cassazione riguardava il caso di una signora in stato di gravidanza che veniva ricoverata in ospedale per minaccia d’aborto. Durante il ricovero, il ginecologo della signora provvedeva a prescrivere un’ecografia morfologica, che secondo il protocollo andrebbe eseguita tra la ventesima e ventiduesima settimana, al fine di diagnosticare eventuali malformazioni fetali. Tuttavia, la predetta ecografia veniva eseguita solo alla ventottesima settimana, ma non veniva riscontrata alcuna patologia da cui il feto poteva essere affetto. In realtà, al termine della gravidanza si scopriva che la bambina era nata affetta da agenesia totale di un arto inferiore e da focomelia dell’altro. I genitori agivano in giudizio, al fine di accertare la responsabilità del ginecologo, del radiologo e della struttura sanitaria.

In primo grado, la domanda veniva rigettata sia nei confronti del ginecologo, che aveva prescritto l’ecografia morfologica con ragionevole anticipo, anche se la stessa era stata poi eseguita solo alla ventottesima settimana, che nei confronti del radiologo, in quanto lo stesso era assente nel giorno in cui era stato effettuato l’esame ecografico. La domanda, invece, veniva accolta nei confronti della struttura sanitaria sulla base del rapporto contrattuale, anche se fondato sul contatto sociale, che intercorre tra il paziente e la struttura sanitaria. In secondo grado, veniva confermata la sentenza di primo grado, riconoscendo in capo alla struttura sanitaria un duplice inadempimento legato sia alla disfunzione organizzativa della struttura ospedaliera (proprio per il fatto di aver eseguito l’ecografia alla ventottesima settimana) che all’errore professionale di colui che ha eseguito l’ecografia, che avrebbe dovuto ravvisare una morfologia, proprio per il fatto che la stessa era stata eseguita alla ventottesima settimana. La struttura sanitaria faceva ricorso in Cassazione.

LA TESI DELLA STRUTTURA SANITARIA (cd. ricorrente): A sostegno delle proprie pretese, l’azienda sanitaria aveva ritenuto che (i) “nessun inadempimento o ritardo nell’adempimento potesse essere imputabile all’ospedale, in conseguenza del ritardo nell’esecuzione dell’ecografia”, ma che la responsabilità dovesse essere ravvisata in capo al ginecologo, dal momento che “non vi era alcuna prescrizione con carattere di urgenza dell’esame ecografico”; (ii) “al momento dell’ecografia la partoriente era ben oltre il novantesimo giorno e dunque la scelta abortiva non poteva considerarsi più affidata alla libera autodeterminazione della donna, ma solo al preventivo accertamento di specifiche e rigorose condizioni” previste dalla legge n. 194 del 22 maggio 1978 (legge sull’aborto).

LA TESI SOSTENUTA DALLA CORTE DI CASSAZIONE: La Corte di Cassazione rigettava: (i) la prima argomentazione, sostenendo che l’indicazione della urgenza sulla richiesta dell’ecografia morfologica era irrilevante “esistendo un protocollo che espressamente prevede che l’ecografia morfologica debba essere effettuata tra la ventesima e ventiduesima settimana”. Pertanto, la stessa avrebbe dovuto essere disposta entro quell’arco temporale non già per l’allegazione di specifiche ragioni di urgenza, ma per le caratteristiche dell’esame da compiere. (ii) la seconda argomentazione, sostenendo che “in una causa in cui si discute se la donna sia stata impedita ad interrompere la gravidanza a causa di un inadempimento del medico ad una sua obbligazione professionale, l’eventuale interrogativo concernente la possibilità di vita autonoma del feto va risolto avendo riguardo al grado di maturità raggiunto dal feto nel momento in cui il medico ha mancato di tenere il comportamento che da lui si doveva attendere”. Quindi la suddetta valutazione andava effettuata con riferimento non alla ventottesima settimana, ma tra la ventesima e ventiduesima settimana, in cui il feto non aveva ancora vita autonoma.

A CHI SPETTA IL RISARCIMENTO DEI DANNI: in questa ipotesi il legittimato attivo è sicuramente la madre, in quanto viene leso il proprio diritto di autodeterminazione nella scelta procreativa, ossia il diritto se scegliere di interrompere o meno la gravidanza. Con riferimento al padre, la questione è più complessa, in quanto la legge sull’aborto prevede che il padre non ha titolo per intervenire sulla decisione di interrompere la gravidanza. Tuttavia, la Suprema Corte ha affermato la legittimazione attiva anche del padre “per il danno che lo stesso potrebbe subire, perché altri hanno impedito alla madre di esercitare il diritto di interruzione della gravidanza”. In altri termini, la Suprema Corte ha ritenuto che, anche nei confronti del padre, un inadempimento sanitario di questo tenore abbia conseguenze immediate e dirette nella vita dello stesso, con conseguente diritto al risarcimento del danno ai sensi dell’art. 1223 Cod. Civ.

QUALI SONO I DANNI RICONOSCIUTI: in tema di danno patrimoniale, la suprema Corte ha precisato che non bisogna tener conto solo “del differenziale tra la spesa necessaria per il mantenimento di un figlio “sano” e la spese per il mantenimento di un figlio affetto da deficit, ma anche del fatto che la coppia abbia dovuto sopportare un costo economico che altrimenti non avrebbe avuto, qualora la donna avrebbe optato per l’interruzione della gravidanza”. In tema di danno non patrimoniale, la Corte ha precisato che dovesse essere inteso come una “categoria ampia, comprensiva di ogni ipotesi in cui sia leso un valore inerente alla persona” in quanto tale danno “impone al danneggiato di condurre giorno per giorno, nelle occasioni più minute come in quelle più importanti, una vita diversa e peggiore, di quella che avrebbe altrimenti condotto”.

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