DIRITTO PENALE DEL LAVORO: infortunio sul lavoro e responsabilità del datore di lavoro
La Cassazione (sentenza n. 7818/2015 sezione quarta penale) ha affermato il principio secondo cui “l’astratta conformità alle norme di sicurezza dell’impianto o del macchinario posto a disposizione del lavoratore non esonera il datore di lavoro dalla responsabilità per le lesioni eventualmente patite dal lavoratore, allorquando il primo abbia consentito, o comunque non impedito, un’utilizzazione anomala dello strumento lavorativo, o comunque un uso tale da ampliare l’area del rischio infortunistico, in ogni caso in cui ricorrano le condizioni per esporre il lavoratore a rischi del tipo di quelli in concreto realizzatesi”.
IL FATTO – Un lavoratore, durante le operazioni di pulizia di un cilindro di un macchinario, oltrepassato il cancellato di protezione della zona operativa dei rulli, rimaneva intrappolato e veniva trascinato all’interno della macchina, procurandosi gravissime lesioni all’arto superiore sinistro, un trauma toracico e numerose ustioni, a cui seguiva l’amputazione del braccio sinistro. Il lavoratore adiva le vie giudiziarie. Il Tribunale di Monza, in primo grado, e la Corte di Appello di Milano, in secondo grado, condannavano il datore di lavoro alla pena di due mesi di reclusione per il reato di lesioni personali colpose commesso in violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro. Tuttavia, il datore di lavoro proponeva ricorso in Cassazione.
LA TESI DELLA DEL DATORE DI LAVORO (cd. ricorrente): A sostegno delle proprie pretese, il ricorrente asseriva che la Corte di Appello sarebbe incorsa in violazione di legge e vizio di motivazione per aver: (i) ritenuto pretestuosi e comunque irrilevanti i motivi proposti dall’imputato in sede di appello in ordine alla conformità dell’impianto, utilizzato dal lavoratore infortunato, alla normativa vigente e alle norme tecniche di sicurezza; (ii) giudicato complessivamente inadeguati i presidi infortunistici predisposti dal datore di lavoro; (iii) trascurato la decisiva circostanza che l’evento lesivo ebbe a verificarsi unicamente per avere il lavoratore infortunato violato le prescrizioni dettate al fine di impedire il contatto dello stesso con gli organi in movimento della macchina.
LA PRONUNCIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE: La Corte di Cassazione, innanzitutto, ha rigettato il primo e il secondo motivo di appello sollevati dell’imputato ritenendo che la mera presenza formale di una certificazione attestante la rispondenza del macchinario alle misure di sicurezza non influisca sull’adeguatezza o meno dei presidi infortunistici. Quanto, invece, al terzo motivo di appello, la Suprema Corte, richiamando un consolidato orientamento giurisprudenziale, ha precisato che “in tema di infortuni sul lavoro, il datore di lavoro, in quanto titolare di una posizione di garanzia in ordine all’incolumità fisica dei lavoratori, ha il dovere di accertarsi del rispetto dei presidi infortunistici vigilando sulla sussistenza e persistenza delle condizioni di sicurezza ed esigendo dagli stessi lavoratori il rispetto delle regole cautelari, sicché la sua responsabilità può essere esclusa, per causa sopravvenuta, solo in virtù di un comportamento del lavoratore al procedimento lavorativo e alle precise direttive organizzative ricevute, connotandosi come del tutto imprevedibile o inopinabile” (cfr., tra molte, Cass., Sez. 4, n. 37986/12), e ancora “il datore di lavoro in quanto destinatario delle norme infortunistiche, è esonerato da responsabilità quando il comportamento del dipendente, rientrante nelle mansioni che gli sono proprie, sia abnorme, dovendo definirsi tale il comportamento imprudente del lavoratore che sia consistito in qualcosa radicalmente, ontologicamente, diverso dalle ipotizzabili e, quindi, prevedibili, imprudenti scelte del lavoratore nell’esecuzione del lavoro”(Cass., Sez. 4, n. 7267/2009). Pertanto, alla luce dei principi sopra esposti, la Suprema Corte ha escluso, nel caso de quo, un comportamento abnorme del prestatore di lavoro infortunato, atteso che l’evento infortunistico in esame ebbe a verificarsi nel corso delle ordinarie mansioni cui il lavoratore era addetto, e che il contatto del corpo del lavoratore con gli organi in movimento della macchina, non costituiva un’ipotesi del tutto imprevedibile, ma bensì un’evenienza pienamente compatibile con il regolare sviluppo delle lavorazioni connessi al suo uso. Con la conseguenza che non poteva ritenersi esclusa la responsabilità del datore di lavoro dovendo ritenersi ricompreso, entro l’ambito della responsabilità di quest’ultimo, l’obbligo di prevenire anche l’ipotesi di una condotta imprudente o negligente del lavoratore.
IN CONCLUSIONE: La Suprema Corte, alla luce delle considerazioni sopra esposte, ha rigettato il ricorso promosso dal datore di lavoro e condannato quest’ultimo anche al pagamento dalle spese processuali.