La risarcibilità del danno psichico e l’importanza della psicoterapia
Dott.ssa Loretta Moroni, Psicoterapeuta del Centro Moses – Avvocato dello Studio Legale LDS
Il danno psichico è la compromissione durevole di una o più funzioni della personalità (intellettive, emotive, affettive, volitive, di capacità di adattamento e di adeguamento, di relazionarsi con gli altri) da cui, in alcuni casi, possono derivare addirittura condotte devianti, etero o autoaggressive, come pure una riduzione del rendimento lavorativo (Introna, 1998). Esso consiste nell’ingiusto turbamento, giuridicamente apprezzabile, dell’equilibrio psichico di una persona, a seguito di un evento che può essere un trauma improvviso, una situazione di mobbing lavorativo, una grave perdita finanziaria, o qualsiasi altro evento che possa provocarlo.
Per poter dire che esiste un danno psichico nella persona, che possa essere risarcibile, occorre quindi la presenza di un evento che lo abbia causato, che sia evidente una vera e propria patologia psichica, individuata secondo le categorie diagnostiche da un professionista in materia (psicologo e/o psichiatra), e che tutto questo sia documentato.
La presenza di una patologia preesistente psichica non esclude l’individuazione di un danno psichico legato ad un evento traumatico e la sua conseguente risarcibilità. In tali casi, sarà necessario stabilire se l’evento sopravvenuto ha aggravato il quadro clinico e soprattutto ha diminuito le possibilità di estrinsecare le proprie potenzialità, seppur ridotte, nella vita sociale e relazionale (Dominici, 2014). Una persona soggetta a ciclici episodi depressivi, ad esempio, potrebbe sviluppare un episodio depressivo più grave di tutti i precedenti a seguito di un incidente stradale o di un lutto, che lo porti ad assumere psicofarmaci più forti o a perdere il posto di lavoro. In tal caso il risarcimento può essere ottenuto ugualmente, se viene provato il nesso causa-effetto.
Un’altra situazione nella quale è possibile comunque ottenere un risarcimento del danno psichico è quando la persona danneggiata si rifiuti di sottoporsi alle cure mediche, ad esempio una psicoterapia, che, se attuate, potrebbero portare a una diminuzione dell’invalidità conseguente la lesione. La mancanza di cure appropriate, dovuta ai sanitari o anche per volontà della stessa parte lesa, non interrompe il rapporto di casualità tra l’evento e il danno subito (Cass. Penale, Sez. IV, 22 Giugno 1967).
Una psicoterapia mette in movimento una serie di emozioni dolorose; è comprensibilissimo che venga evitata ad esempio da un genitore che ha subito la perdita di un figlio per fatto ingiusto altrui; dal fatto che non vi sia sottoposto non può essere dedotto proprio niente (Dominici, 2014). È anche comprensibile che la persona necessiti di un tempo proprio di elaborazione prima di motivarsi a intraprendere una psicoterapia, che potrebbe avvenire quindi non entro i tempi utili al risarcimento.
Spesso tuttavia il rifiuto verso una psicoterapia è motivato da scarsa conoscenza o pregiudizi, ad esempio “la terapia dura anni”, “mi cambierà la personalità”, “sarò costretto a raccontare cose di me ad un estraneo”, “nessuno mi può capire”. La Psicoterapia Cognitivo-Comportamentale, ad esempio, è un tipo di psicoterapia che si basa su un metodo di studio clinico e scientifico, è stata riconosciuta come il trattamento più efficace (Cochrane Database Syst Rev. 2016) per i disturbi d’ansia, il panico e la depressione, con risultati talvolta migliori del trattamento farmacologico. Gli studi scientifici sul trattamento di questi disturbi hanno mostrato che se si raggiunge una modificazione profonda dei pensieri disfunzionali si hanno inoltre meno probabilità di ricadute in futuro.
Il percorso di terapia cognitivo-comportamentale ha lo scopo di alleviare la sofferenza psicologica ed emotiva attraverso il cambiamento degli schemi mentali e dei comportamenti controproducenti. È rivolta al momento presente, l’obiettivo principale è la risoluzione della sofferenza presente e delle problematiche che la persona vive nel qui ed ora. È infine una terapia di breve-media durata, a seconda del tipo di problematica della persona e del livello di cronicità dei sintomi.