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Le polizze sanitarie e l’obbligo dell’assicurato di fornire corrette informazioni sul proprio stato di salute

Le polizze sanitarie e l’obbligo dell’assicurato di fornire corrette informazioni sul proprio stato di salute

Le conseguenze dell’inesatta o reticente dichiarazione dell’assicurato: l’annullamento del contratto e il recesso unilaterale da parte dell’assicurazione.

Sempre più spesso nell’ambito del lavoro, della famiglia e della vita di relazioni le imprese di assicurazioni propongono alle persone di sottoscrivere polizze sanitarie, al fine di assicurare la propria salute e il rischio malattie.

Questa tipologia di contratti, prevede che l’assicurazione abbia conosciuto, e quindi valutato, lo stato di salute del contraente, al fine di determinare il rischio assicurato.

A tal riguardo, prima di stipulare la polizza, le assicurazioni fanno compilare al futuro cliente un dettagliato questionario con il quale viene richiesto ai contraenti di indicare le eventuali malattie o gli stati patologici di cui soffrono o hanno sofferto.

I dottori Paolo Galeazzi e Monya Piscionieri, medici specializzati in medicina legale e delle assicurazioni, consulenti in tale materia dello Studio Legale LDS, segnalano come sia obbligatorio fornire alle assicurazioni giuste informazioni, poiché una errata rappresentazione del rischio, se colposa o peggio dolosa, può avere gravi conseguenze sulla validità della polizza e addirittura sarà censurabile in sede penale nel secondo caso.

I medici legali Galeazzi e Piscionieri spiegano che le assicurazioni, analizzando le cartelle cliniche e la documentazione medica prodotta, facilmente possono accorgersi che l’assicurato ha omesso di dichiarare stati patologici di cui soffre, ovvero di aver subito in passato determinanti interventi invalidanti per l’integrità fisica.

L’avvocato Federico Lerro chiarisce che se le dichiarazioni inesatte o reticenti dipendono da dolo o colpa grave, ad esempio non essendo state dichiarate malattie di tipo cronico (diabete, patologie genetiche, cardiopatie conseguenti ad infarti, etc), il vizio può essere posto alla base dell’annullamento del contratto che sarà invocato dall’assicurazione entro tre mesi dalla stipula ovvero da quando si è venuto a conoscenza del reale stato di rischio della polizza, qualora l’assicurazione dimostri che non avrebbe contratto il rischio con quel determinato cliente malato, ovvero avrebbe stipulato una polizza con pattuizioni/condizioni meno favorevoli per il contraente.

In un simile caso, spiega l’avv. Federico Lerro, “l’assicurazione agendo nel termine di tre mesi per l’annullamento dell’intero contratto per dolo o colpa grave – contratto che andrà pure comunque pagato dall’assicurato – non sarà chiamata a liquidare le malattie vantate dall’assicurato direttamente riconducibili alle false dichiarazioni rese e non dovrà pagare neanche i sinistri derivanti da malattie che non sono dipese da quelle taciute.”

Invece, nel caso in cui l’inesatta dichiarazione sulle proprie condizioni di salute sia da ricondurre a colpa lieve e sia stata determinante al fine della valutazione svolta dall’assicurazione, avendo inciso quindi sul consenso a contrarre di quest’ultima, l’assicurazione potrà entro tre mesi recedere unilateralmente dal contratto.

L’avvocato Federico Lerro spiega che in caso di colpa lieve “l’assicurazione pagherà comunque un sinistro eventualmente avvenuto prima del momento in cui è stato rivelato il vizio, ma in misura proporzionale alla differenza fra il premio pagato (il rischio assicurato) e quello che sarebbe stato invece determinato avendo l’esatto quadro del rischio salute di quel cliente”.

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