Il risarcimento è obbligatorio quando è impossibile l’identificazione del responsabile?
Nel caso di sinistro causato da veicolo non identificato, l’obbligo risarcitorio sorge non soltanto nei casi in cui il responsabile si sia dato alla fuga nell’immediatezza del fatto, ma anche quando la sua identificazione sia stata impossibile per circostanze obiettive, da valutare caso per caso, e non imputabili a negligenza della vittima.
Il caso
Un pedone, nel mentre attraversava regolarmente la strada sulle strisce pedonali, veniva improvvisamente investito da un autoveicolo. Il conducente del veicolo investitore, tuttavia, non veniva identificato, in quanto allontanatosi dopo il fatto.
In conseguenza del sinistro, il pedone riportava danni alla persona e ne chiedeva il risarcimento all’INAIL e alla Società designata per conto del Fondo di Garanzia vittime della strada, ex Legge 24 dicembre 1969, n. 990 articolo 19. L’Inail, costituendosi in giudizio, aderiva alla domanda attorea e formulava domanda di surrogazione, ex articolo 1916 cod. civ., nei confronti della Società convenuta.
Purtroppo, tanto il primo grado di giudizio, quanto il secondo si concludevano con pronunce sfavorevoli al danneggiato. In particolare, la Corte d’Appello rigettava la domanda attorea sul presupposto in iure che il conducente del veicolo investitore non si fosse dato alla fuga dopo il sinistro, ma che si fosse fermato a sincerarsi delle condizioni della vittima e che, solo dopo essere stato rassicurato da quest’ultima, si fosse allontanato.
Secondo la Corte d’Appello, pertanto, la mancata identificazione del responsabile del sinistro era dipesa unicamente dalla negligenza della vittima che avrebbe potuto, durante la breve sosta dell’automobilista, memorizzare/annotare la targa. In pratica, dunque, la Corte di Appello con simile decisione ha limitato la responsabilità dell’impresa designata – nel caso di sinistri causati da veicoli non identificabili – soltanto ai casi in cui il responsabile si sia dato alla fuga.
La pronuncia
Con sentenza n. 274/2015 del 13 gennaio 2015, la Terza Sezione della Corte di Cassazione ha statuito sul caso sopra esposto, ritenendo che “la fuga del responsabile non è elemento costitutivo della fattispecie astratta prevista dalla Legge 24 dicembre 1969, n. 990, articolo 19, comma 1, lettera (a).” Tale norma, infatti, accorda alla vittima di un sinistro stradale il risarcimento del danno alla persona ponendolo, tuttavia, a carico dell’impresa designata, allorquando il sinistro sia stato causato da un veicolo “non identificato”. Presupposti, dunque, per l’applicazione di tale previsione sono due: i) che il veicolo responsabile del sinistro non sia stato individuato, e di conseguenza non sia stato possibile risalire alle generalità del proprietario, ii) che ciò sia accaduto senza colpa della vittima.
Ad avviso della Corte di Cassazione, infatti, “nel caso di sinistro stradale causato da veicolo non identificato, pertanto, la responsabilità dell’impresa designata sorge allorché possa affermarsi che la vittima abbia tenuto una condotta negligente ai sensi dell’articolo 1176 c.c. cioè, difforme da quella che, nelle medesime circostanze, avrebbe tenuto il bonus pater familias, ovvero la persona di normale avvedutezza e media istruzione e sensibilità.
In pratica, dunque, affermare che l’applicabilità dell’art. 19 Legge n. 990 del 1969 dipenda dalla dimostrazione di una fuga del responsabile costituisce falsa applicazione della norma, la quale non pone alcun limite in tal senso. “Quel che rileva dunque al fini del sorgere dell’obbligazione a carico dell’impresa designata non è accertare se vi sia stata una fuga del responsabile, ma se il veicolo per qualsiasi ragione non sia stato identificato, e se vi sia stata una condotta diligente della vittima”.
In conclusione
In caso di sinistro stradale causato da veicolo non identificato in capo alla vittima è riconosciuto l’onere di provare l’incolpevole impossibilità di identificare il responsabile. Detta impossibilità incolpevole di identificazione, tuttavia, “non consiste solo nell’incoscienza o nell’incapacità di intendere e di volere, ma può consistere anche soltanto in una difficoltà soggettiva legata al temperamento od al carattere”. Anche il semplice spavento, o l’irresolutezza provocata da un evento imprevisto possono senza dubbio inibire, nella persona investita, la prontezza di spirito di identificare l’investitore.
La Corte di Cassazione – accogliendo il ricorso – ha cassato e rinviato la causa alla Corte di Appello sulla base del presupposto secondo il quale è obbligo giuridico del conducente che investa una persona arrestarsi e prestarle soccorso (sanzionato anche penalmente); per contro, non è onere della persona investita escogitare artifizi atti ad indurre l’investitore a fermarsi né la stessa può dirsi negligente solo per non avere previsto, come nel caso di specie, che l’investitore si sarebbe potuto allontanare.